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Wednesday 11 September 2013

SIVIGLIA

Ci sono scelte che ti cambiano la vita.
Di alcune lo sai già quando stai per farle, di altre invece, ne ignori la portata.
Nel marzo 2012 ho partecipato alla selezione per entrare nel programma di tirocini eurpei Leonardo da Vinci con un bando che sembrava essere stato ideato per me: 10 settimane in una città europea a svolgere uno stage in organizzazione di eventi culturali.

Ho inviato la domanda, con Cv e lettera motivazionale in inglese quasi al limite della scadenza, convinta che anche con posta prioritaria non sarebbe giunto a destinazione, ma quando pochi giorni dopo mi è arrivata la mail di convocazione al colloquio, ho avuto un sussulto. Non ci credevo, erano arrivate più di 800 domande e io avevo passato la prima selezione. A Roma siamo arrivati in 600 e siamo partiti in 36... inutile descrivere l'emozione che ho provato quando ho letto questa mail: "Gentile candidata/o le comunichiamo che Lei ha superato le prove di selezione del progetto A.C.M.E. ed è stata/o quindi  selezionata/o  per un tirocinio in uno dei paesi europei previsti dal progetto."
Quando ho fatto la domanda, non avrei mai pensato che sarei stata selezionata, nè tantomeno che questo tentativo di fuga si sarebbe rivelato la mia salvezza. Mi ha cambiato la vita. 
Sono arrivata a Siviglia e la prima cosa che ho pensato è stata "caldoooo!", l'impatto con la città si è fatto subito sentire sulla mia pelle, sui miei capelli e sulle gambe, su cui i jeans si erano appiccicati.
Con i miei compagni di viaggio ho preso un bus per destinazione mmm... diciamo che credo l'abbiamo preso un po' alla cazzo di cane.
Il tragitto mi è sembrato quasi interminabile: le case erano diverse, mi perdevo tra quelle vie, non ci capivo nulla, ero strafatta di terrazzini e ristoranti, di gente e di colore. 
La mia casa era follia, follia pura.
Tredici coinquilini che casualmente erano tutti italiani. 
La casa si apriva su un patio stupendo ed era su tre piani; aveva stanze piccole, per due persone, una zona comune grande ma non abbastanza da contenerci tutti allo stesso tavolo, una cucina troppo piccola per così tanta gente, ma in compenso avevamo una terrazza che toglieva il fiato.
Dopo 3 rampe di scale e un caldo infernale, ecco il paradiso: una terrazza enorme, immensa, bianca, dalla quale si vedevano i tetti delle case intorno a noi, il campanile della Cattedrale da un lato, e Plaza de Toros dall'altro. 
Era aria di casa, di vita.
I miei coinquilini si sono rivelati eccezionali: la nostra piccola reggia era sempre piena di persone, non eravamo mai solo noi 13, ma spesso avevamo ospiti, tanti ospiti, che si davano il cambio sul divano in finta pelle bianca made in Ikea. 
Tra loro ho trovato anche amiche stupende, provenienti da mondi e vite diversi. Amiche fidate con le quali ho condiviso e condivido tutt'ora i miei guai e le mie gioie.

Siviglia è stato un punto di partenza, una svolta per iniziare a tagliare quelle radici che stavo piantando senza accorgermene e che mi impedivano di partire, lasciandomi ancorata alla mia città, piccola, stupida e provincialotta.
Ho riscoperto l'ebrezza di vivere da sola, l'indipendenza. 
Ho dato aria al mio spirito libero, ho aperto la gabbia dorata e mi sono sentita libera, dopo anni.
Indipendenza e libertà, passione e positività: questa sono io e a Siviglia sono uscita allo scoperto in tutto il mio splendore. Mi sentivo brillare, ero scintillante, appassionata. 
Libera, appunto.
Quando sono libera, quando mi sento al centro del mondo e il mondo lo sento nelle mie mani.

Le strade colorate e soleggiate di Siviglia mi hanno dato allegria, il calore della gente mi ha fatto sentire in un Paese stupendo, il Barrio de Santa Cruz mi ha portata in un altro mondo, mi sono persa volutamente mille volte per  le vie dello shopping di Calle Sierpes e Calle Tetuan.
 
Quando sono arrivata non parlavo una parola di spagnolo e lo capivo a malapena, ma dopo poco, quando ho iniziato a sentirmi veramente io e veramente a casa, ho imparato a comprendere.
Ho aperto la mia mente verso nuovi orizzonti, ho studiato la lingua senza accorgermene e mi sono ritrovata così, dal nulla, a parlare del tirocinio e della crisi economica con una commessa, usando uno spagnolo decente e un'ottima cadenza andalusa.
Ci sono piazze, vicoli e strade sovraffollate che all'inizio non capivo, che guardavo e mi sembravano solo diverse, nuove.
Poi ho iniziato a osservare. 
Più stavo lì e più imparavo, più imparavo e più capivo.
Capivo la lingua, capivo la città, la sua storia e la sua cultura.

E allora è stato davvero come vivere un'altra vita...


































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