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Wednesday 11 September 2013

PARIGI

La mia prima volta è stata nel 2005, non avevo neanche 20 anni, destinazione Parigi.
Ho vissuto per un po' in una bettola maledicendo il giorno in cui, ovviamente senza pensarci, ho preso la scelta insensata di studiare all'estero per 6 mesi.
La bettola in questione era un alloggio universitario, uno "studiò" (l'accento è voluto per i non francofoni) trovato dalla mia università a Firenze in contatto con quella di Paris 8 -Saint Denis-, puzzava di marcio, aveva le piattole e c'erano i topi.
Mi ricordo ancora quando ho aperto quella porta: uno stanzino di 20 mq, spoglio e anonimo, un cucinotto sporco che mi offriva una deliziosa minestra in brodo dal color blu puffo lasciata lì a marcire dall'inquilino precedente e un cesso grande quanto quello di un treno regionale.
Cogliona io che a 19 anni suonati non ho mai pensato di informarmi prima sull'alloggio, ma mi son fidata.
Alla fine me ne andai, dopo varie peripezie ho vissuto in subaffitto con dei ragazzi italiani in un delizioso bilocale in loalità Bastille.

Ricordo con tanto amore il cesso di quella casa.
Era stato sradicato il wc, messo in uno stanzino tipo sgabuzzino per le scarpe, senza finestra nè luce, e al suo posto era stato installato un bidet.
Grazie per il pensiero del bidet, almeno potevo lavarmi il culo ogni volta che volevo, ma sticazzi, la stanza del cesso era assurda.
Una buia camera a gas dalla quale scappavi dopo aver rispettivamente eseguito i tre compiti: 1.tirare lo sciacquone; 2. dare una lunga spruzzata di profumo per bagno; 3-fare una corsa a braghe calate per andare nell'altro bagno a lavarti il culo.
All'inizio sembrava una pratica assurda e tremendamente ridicola, ma oggi la ricordo con candore e gioia.
I mesi a Parigi mi hanno insegnato un sacco di cose, oltre al francese e al fatto che i catalani organizzano delle feste da paura (vi ho mai parlato del'ombrelliera piena di sangria?), ho imparato ad arrangiarmi.
Sono stata regalmente viziata nella mia vita e lo sono tutt'ora, ma quando sono fuori e lontana da casa, ecco che esce il mio "sapermi levare un dito dal culo".
Ho imparato a fare le lavatrici, a usare le macchine a gettoni e le asciugatrici; ho imparato a muovermi in una città immensa con mezzi di trasporto mai visti prima, a relazionarmi con persone di nazionalità e cultura diverse dalla mia. Ho imparato a cucinare, lo so, sembra assurdo, ma comunque dovevo pur mangiare!
Ho imparato a incuriosirmi e ad appassionarmi, non solo alle mie materie universitarie, ma alla scoperta e al viaggio.
Ho imparato che non si va da Bastille a Montparnasse in tacchi, che le sigarette non vanno scroccate al primo che capita e che se il tuo alloggio è una merda e lo stai pagando, hai tutti i diritti di farti valere.
Ah, ho imparato pure a friggere le patatine nel martini bianco, in caso di assenza di olio, ergo: a fare di necessità virtù.
Però ho anche imparato che lasciare il nido, specialmente la prima volta, non è semplice e ci vuole preparazione e forza. Io non ero nè preparata nè abbastanza matura per affrontare il lungo viaggio con serenità e cognizione di causa. Ho preso la decisione di getto, senza pensarci e senza rendermi conto che avrei fatto meglio ad aspettare almeno un anno prima di partire per molti mesi.
Non è una scelta così facile, voglio dire: devi partire per un lungo periodo con due grandi bagagli e lasciare a casa affetti, amicizie e cose... io avevo 19 anni, ero una bambina e non ero abituata a pensare che, effettivamente, stavo lasciando solo delle cose, il che mi ha impedito di godermi a pieno il soggiorno a Parigi.
Ho questa strana predilezione nel voler bruciare le tappe e poi pentirmene.
La seconda volta è stata a Siviglia.
Siviglia mi ha cambiato la vita.













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